Il motivo iniziale, il colpo di pistola dello starter, per cui sono qui a scrivere dei quadri di Julia Breiderhoff è perché un giorno, anzi una sera, mi sono ri-trovato in una stanza, e su una delle pareti di quella stanza, in mezzo ad altri quadri, ce n’era uno dove erano rappresentate delle figure simili ad ombre, assiepate in uno spazio chiaro, denso, luminoso, e quelle ombre avevano un che di assorto e fluttuante, per cui mi sono detto che quel quadro era proprio bello, senza minimamente sapere chi l’avesse dipinto, senza sapere che quel quadro, che a me era piaciuto subito, a colpo d’occhio, lo aveva eseguito Julia. Questo, infatti, l’ho saputo un po’ dopo, quando me l’hanno presentata, perché io, in effetti, non conoscevo nemmeno Julia. […] I quadri di Julia Breiderhoff ci forniscono il pretesto di riconsiderare la pittura anche come fonte di narrazioni, di racconti personali e collettivi. Scorrere accanto alla vita, appuntandola, come in un diario: è il modo in cui l’arte rende l’esistenza non dico spiegabile, ma almeno sopportabile.
Marco Di Capua